di Federico Unnia
Occorre molta prudenza nel parlare di prevenzione e riduzione del rischio di essere colpiti da una malattia oncologica. E tale prudenza deve connotare ogni forma di comunicazione che si intende diffondere presso il pubblico. E’ questo l’insegnamento di buon senso con il quale il Giurì di autodisciplina ha posto fine alle disputa che ha visto contrapposti il Comitato di Controllo a Life e la Fondazione Umberto Veronesi. In discussione la correttezza del messaggio “Lo sai che una porzione di noci al giorno contribuisce a ridurre il rischio di tumori?”, utilizzato a supporto della campagna di raccolta fondi per la ricerca “Le Noci per la Ricerca”.
Il messaggio – a detta del Comitato di controllo – affermando che “le noci sono ricche di omega 3, magnesio, fosforo, potassio, calcio, vitamine, sostanze antiossidanti e fibra. Un consumo giornaliero, nell’ambito di una dieta mediterranea, riduce infiammazione, ipertensione, sovrappeso, fattori che vanno ad aumentare il rischio di tumori. Mangiare 30 gr di noci al giorno è inoltre un’importante strategia alimentare per migliorare la salute del cuore”, avrebbe prospettato in termini eccessivamente positivi ed ottimistici gli effetti degli alimenti pubblicizzati. Con ciò violando le norme del codice di autodisciplina sulla veridicità della comunicazione pubblicitaria.
Le due resistenti si erano difese eccependo che il messaggio sarebbe scaturito da un accordo relativo al sostegno di Life alla ricerca scientifica e, pertanto, non poteva ritenersi pubblicità commerciale, avendo come obiettivo quello di fornire informazioni generali sui benefici del consumo delle noci. Da qui la mancanza di legittimità del Giurì a pronunciarsi sulla comunicazione in esame.
Il Giurì per prima cosa ha riconosciuto la sua competenza a decidere del caso, in quanto il messaggio in esame aveva un rilevante interesse sociale come previsto dall’ art. 46 del Codice di Autodisciplina, rientrando in tale previsione. Da ciò discende il fatto che la comunicazione sia soggetto alle regole del Codice, quindi anche a quella che esprime il divieto di ingannevolezza.
Nel merito, il Giurì, fatta propria la convinzione che la delicatezza della questione impone una particolare attenzione nelle comunicazioni al pubblico, ha ritenuto che il messaggio presentasse un interrogativo puramente retorico, dal momento che seppure in forma di domanda induceva con sicurezza un’affermazione positiva, secondo la quale il consumo quotidiano di noci contribuirebbe realmente alla riduzione del rischio tumori. Il Giurì, forte di quanto emerso nel corso della discussione, ha ritenuto che nessuno degli autori del messaggio avesse fornito evidenze scientifiche capaci di supportare il claim, non evidenziando la letteratura scientifica un riconoscimento generalmente condiviso in ordine all’incidenza positiva del consumo di noci, né in relazione a disturbi come infiammazione, ipertensione, sovrappeso, né tantomeno in relazione a neoplasie. Si riscontrano di fatto affermazioni più incerte secondo le quali il consumo di noci “può contribuire” ad una riduzione del rischio tumori, in associazione con altri fattori variamente indicati ma ciò non significa, secondo Giurì, che il consumo di noci “contribuisce” alla riduzione del rischio tumori. Proprio l’uso della parola “contribuisce” al posto di “può contribuire” secondo il Giurì integra ingannevolezza del messaggio.