Se paghi ti cancello da Internet

di Daniele Chieffi * 

Daniele Chieffi

Una volta si diceva che quel che finisce su Internet è per sempre. Sembra proprio non sia vero. Sembra viceversa che sia facilissimo far sparire informazioni sgradite dai siti d’informazione e dai motori di ricerca, a partire da Google. Con buona pace del diritto di cronaca e dell’informazione e dell’affidabilità delle verifiche che le aziende fanno o fanno fare su partner commerciali, aziende da acquisire ecc. Sì, perché qui si parla di notizie su inchieste giudiziarie, fallimenti, controversie e quant’altro qualcuno non voglia far sapere proprio perché gli impedirebbe di far buoni affari e relazioni, ma, d’altra parte, garantirebbe la controparte. Fenomeno di nicchia? Tutt’altro. Si parla di agenzie che, ad esempio, in meno di quattro anni di attività, riescono a “ripulire” quasi 10.000 fra aziende e singoli.

I fatti: una grande azienda metallurgica, con un grande impianto nel sud Italia viene accusata da un giornale italiano, che riporta i risultati di un’inchiesta internazionale del consorzio giornalistico Occrp, di aver pagato un’agenzia specializzata per far scomparire da Internet (parlo a ragion veduta di internet) articoli e contenuti negativi su di essa e sulla Ceo. Non che della cosa non ne avessi mai sentito parlare. Anche quando lavoravo in azienda, mi capitò (correva il 2013) di ricevere il commerciale di un’agenzia che mi proponeva di “deindicizzare” tutti i contenuti sgraditi. Ai tempi li liquidai sorridendo, sia per ragioni etiche che per la mia convinzione che non fosse possibile ma ora qualche dubbio mi viene.

Il dubbio nasce da una semplice visita al sito dell’agenzia che, si sostiene, avrebbe lavorato per l’azienda metallurgica. L’agenzia si presenta come “società specializzata nell’eliminazione di contenuti indesiderati da Internet e dai social network” e nelle faq (realizzate con un singolare formato da video intervista) si legge che l’agenzia ha: “un dipartimento di tecnici (che) garantisce che l’informazione che vi sta danneggiando sia totalmente eliminata”. Alla domanda se sia possibile eliminare un articolo da un mezzo di informazione, la risposta è: “è possibile eliminare qualsiasi informazione che sta pregiudicando la tua reputazione online”. Stessa cosa per i motori di ricerca, in particolare Google: “Sì. …….. elimina completamente le informazioni dal motore di ricerca di Google e anche dal server in cui sono archiviate le informazioni che si desidera eliminare.” Il tutto garantito in 24 ore.

La prima domanda è: ma come fanno? La risposta è nell’articolo e si legge: “…. Ma il metodo di lavoro di …… era più preciso. Una volta individuato l’articolo sgradito al cliente, veniva contattata la testata con una mail dai contenuti standard e dal tono minatorio, facendo riferimento a presunte violazioni del copyright o della normativa sul diritto all’oblio anche in caso di articoli relativi a vicende di stretta attualità. In calce, il riferimento fraudolento a un ufficio della Commissione europea. Un altro metodo consiste nel richiedere la deindicizzazione direttamente a Google, spacciandosi per delegati di gruppi editoriali o testate giornalistiche chiedendo la rimozione di articoli di altre testate accusati di aver copiato dei contenuti. In qualche caso gli articoli che sarebbero stati copiati sarebbero stati retrodatati per rendere credibile la violazione del copyright”.

Niente di tecnico quindi, nessun software killer o algoritmo segreto, solo più o meno velate minacce e qualche inghippo più simile al gioco delle tre carte. Al netto delle valutazioni di tipo legale e sull’evidente illiceità di queste prassi, qualora venissero provate, ma davvero basta mandare una mail a un giornale e fare una richiesta a Google per ottenere la sparizione di un articolo sgradito? Posso capire il piccolo sito informativo che si potrebbe spaventare per una possibile causa milionaria (e sulle liti temerarie in Italia e sull’uso strumentale dell’arma giudiziaria contro l’informazione ci sarebbe da parlare a lungo) ma per un grande giornale? E poi Google. Basta “spacciarsi per qualcuno” e accusare di violazione del copyright qualcun altro per convincere il gigante dei motori di ricerca a deindicizzare un articolo?

A questa agenzia, come a molte altre presumibilmente, quindi, va riconosciuta una cosa: hanno trovato una bella vulnerabilità nel sistema e la stanno sfruttando e bene, a giudicare dalle 3.540 aziende e 5.770 persone che si sono già rivolte a loro (dati sempre del loro sito). Riassumendo: verso gli editori basta agitare lo spettro di controversie legali per ottenere la rimozione di articoli sgraditi, con buona pace del diritto di cronaca e all’informazione. Verso Google basta agitare lo spauracchio della violazione del copyright per far sparire contenuti in tutte le lingue (sì, è parte dei servizi il multilinguismo). Se già prima Internet non poteva essere considerata di per sé una fonte attendibile tout-court, ora lo è ancor meno, e visto che quando si parla di “fonti aperte” ci si riferisce anche e soprattutto a Internet, un tema di affidabilità dei report su società e persone che le aziende acquistano per valutare partnership, acquisizioni, operazioni commerciali ecc. si pone.   

*Giornalista, saggista e docente universitario. È il co-fondatore dell’agenzia di comunicazione strategica Bi Wise, Ceo dell’atelier di comunicazione polarizzata e di crisi, The Magician e presidente della rete di imprese di Comunicazione, NoaCom. È stato Direttore della Comunicazione e PR del Ministero per l’Innovazione e la Digitalizzazione. Ha fondato e gestito la Factory dell’Agi, agenzia di Stampa del Gruppo Eni, il primo Brand Journalism Lab italiano. Ha guidato l’ufficio stampa Web, il social media management e il reputation monitoring di Eni. Direttore di Neo, la prima collana di saggistica, edita da Franco Angeli. Ha scritto i saggi: “La reputazione ai tempi dell’Infosfera” per Franco Angeli nel 2020, “Online Media relations” e “Social Media Relations” per il Sole24Ore Editore, “Online crisis management” per Apogeo, “WWW, Working on Web” sempre per Franco Angeli, “New media & Digital football”, per L&V editore, con il quale ha vinto il Premio Nazionale Letteratura del Calcio “Antonio Ghirelli” nel 2018. Ha inoltre curato il volume “Comunicare digitale” per le edizioni del Centro di Documentazione giornalistica. Insegna presso l’Università Cattolica di Milano, lo Iusve, il Cuoa di Vicenza e la Business School del Sole 24 Ore. Cura un blog sui temi della comunicazione, www.Danielechieffi.it

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