Il bel paese dove il no suona

di Maurizio Badiani

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Il NO dei 5 stelle al termovalorizzatore di Roma ha dato il via a un effetto domino che ha portato alla caduta di Draghi.

I topi della capitale ringraziano.  I Romani – forse – un po’ meno. Pare che anche Putin e i suoi abbiano brindato all’evento. Il NO dei pentastellati è l’ultimo in ordine di tempo che si aggiunge ad una serie di dinieghi di cui è difficile tenere il conto.

Anche perché il partito dei NO in Italia sembra essere il solo a non avere mai patito diaspore.          

In principio ci fu il NO al nucleare giudicato troppo  rischioso. Comprensibile. Anche se i Francesi c’è l’hanno e un danno a una loro centrale avrebbe conseguenze negative anche per noi.

Poi è stata la volta della Tav. E un nuovo esercito di fautori del NO si è subito schierato contro l’opera erigenda. Con l’esplodere della pandemia sono cresciuti come funghi i negatori del vaccino e del Green Pass che a lungo hanno monopolizzato rete, TV e piazze.  

Ultimo NO, in ordine di tempo, quello espresso dagli abitanti di Piombino contro il previsto insediamento di un rigassificatore (anche se temporaneo) in prossimità del “loro” porto.

In una democrazia – e la nostra per fortuna ancora lo è – ognuno ha il diritto di esprimere (meglio se civilmente) la propria  opinione. E – di conseguenza – anche il proprio dissenso. Peccato però che inanellando un NO dopo l’altro non si vada da nessuna parte. Per avere dei benefici qualche rischio – magari oculatamente ponderato – bisognerebbe avere il coraggio di prendercelo. Altrimenti – come cittadini e come Paese – saremo destinati a rimanere eternamente al palo. O NO?