Russi: mai senza fucile e senza wodka

di Maurizio Badiani

Il mio primo maestro, Francois Zille, andava (giustamente) fiero di una sua campagna uscita da poco (Anno Domini 1973!).

Il titolo dell’annuncio (o meglio degli annunci, visto che si trattava – come allora era in uso – di una campagna multisoggetto) recitava:

Senza pane.Senza latte.Senza carne. Mai senza fucile e senza vodka. 

Il visual era costituito da vecchie immagini di repertorio che vedevano i Russi impegnati in varie operazioni di guerra: da quella civile della Rivoluzione d’Ottobre, a quella Russo – Giapponese. 

Il prodotto pubblicizzato era la Vodka Moskovskaya che, da quella campagna, riceveva il crisma di un’autenticità che affondava le proprie radici nelle pagine più dure ed eroiche della Storia patria. 

La campagna piacque agli addetti ai lavori e piacque al pubblico. 

Molto meno piacque alle “autorità” dell’Urss le quali lamentarono che gli annunci facevano passare il popolo russo come una congrega di eterni, inguaribili ubriaconi. 

A creare imbarazzo era evidentemente quel “mai senza vodka”. E non quel “mai senza fucile”. 

Ai tempi di cui parlo (49 anni fa!) la vicenda mi fece sorridere. 

Riletta oggi ha in sé qualcosa di sinistro. 

Perché quel fucile, che fu usato più e più volte per difendere diritti e confini di un grande popolo (la Russia ha avuto, solo nel secondo conflitto mondiale, oltre 26 milioni di morti!), oggi, quel fucile dicevo, moltiplicato nel numero e reso più micidiale dalla tecnologia, viene impiegato per tutt’altri scopi.

Se solo potesse ascoltarmi, consiglierei perciò al soldato che ne è dotato di non puntare quel fucile ma di tenerselo sempre e soltanto a tracolla.

E di affogare invece in un buon sorso di vodka la vergogna per quanto sta facendo e la malinconia per la casa lontana.