Franceschini e i ratti del Colosseo

di Maurizio Badiani

L’Onorevole Franceschini ha il suo bel da fare nel tentativo di dare nuovo lustro all’immagine di Roma. 

Impegno, idee e risultati in realtà non mancano: pochi giorni fa l’annuncio dell’ennesima riapertura della Domus Aurea con una mostra dedicata a Raffaello che proprio in quelle “grotte” ebbe l’ispirazione per creare le sue “grottesche” o “Raffaellesche”, come da allora vennero chiamate. 

Ancora più recente la notizia dei lavori nella parte ipogea del Colosseo, opera che ha trovato il sostegno finanziario di uno dei nostri più illuminati uomini d’industria, Diego Della Valle.

Notizie e immagini delle nuove aperture e dei nuovi lavori vengono propagandate con la dovuta enfasi dalla stampa e dalla TV nazionale. 

Poi, nello stesso telegiornale che pochi istanti prima ha promosso questa o quella iniziativa del Ministro della Cultura, compare un ratto grosso come un coniglio che, ritirandosi a pancia piena da una montagna di rifiuti, se ne torna con tutta calma nella sua fogna. Il topoconiglio lascia campo libero ai gabbiani che, abbandonate le acque del Tevere, alla difficile attività della pesca preferiscono ormai da anni la più agevole caccia al sacchetto. Niente più voli bassi o in picchiata alla ricerca di una difficile, improbabile preda: basta una passeggiatina su una delle tante montagne di spazzatura di cui è cosparsa la città per farsi un banchetto coi fiocchi. Dai mille sacchetti aperti dall’abile colpo di becco escono leccornie, per il gabbiano, e vibrioni, per i Romani stanziali e i turisti di passaggio. I quali, con gli stessi telefonini con cui cinque minuti prima hanno immortalato la propria effige davanti alle arcate del Colosseo, fotografano adesso, per inviarle ad amici e parenti lontani, le maleodoranti collinette che hanno moltiplicato per mille i 7 colli di Roma. 

Dopo quella di Brenno, l’invasione di Roma da parte dell’orda dei Rifiuti Urbani credo sia in assoluto la più nefasta e deleteria. 

Almeno sotto il profilo dell’immagine.

Quella dell’intraprendente e volenteroso Franceschini rischia così di diventare una nobile, donchisciottesca battaglia destinata purtroppo ad essere persa. 

Anche se stavolta a spezzare la lancia del nostro eroe non saranno dei romantici ed ecologici mulini a vento ma delle maleodoranti e putride montagne di rifiuti.