La pandemia e la radio, atto II: è il momento dello Story-Doing!

di Claudio Astorri www.astorri.itLa situazione pandemica è estremamente complessa e pericolosa. Come si relaziona il mezzo #Radio a tutto ciò? Piangendosi addosso o facendo qualcosa di utile per le persone?

Purtroppo ci risiamo. L’Italia delle zone a colori rappresenta anche qui l’arrivo continentale della seconda ondata della pandemia da Covid-19. In realtà la piena rappresentazione non è nel rosso, arancione o giallo ma nei bollettini di fine giornata che non risparmiano alcun angolo d’Europa e nemmeno della nostra Penisola. Inutile negare che la situazione sanitaria stia diventando molto complessa e che siamo in un’emergenza che diventerà sempre più sociale.

Quale sarà questa volta nel corso del dissesto sanitario, economico e appunto sociale il comportamento della Radio, il mezzo che si rivolge alle persone? Sia come industria che come uno dei media in Italia? Riavremo il perpetrarsi di un bisogno di unità tra le emittenti di questo mezzo perfino prima di una focalizzazione sul momento storico e sulle esigenze degli individui? Parleremo a noi stessi e al mercato o sapremo muovere fatti e iniziative in favore di chi ascolta?

I Love My Radio

Ho già avuto modo di commentare l’iniziativa voluta dalle emittenti nel corso della prima ondata della pandemia. L’articolo del blog in cui mi sono espresso è: “La Radio e il Sociale: Story Telling o Story Doing?”. Riporto qui quanto già affermato. “La posizione della Radio non mi soddisfa. Mi sarei aspettato un comportamento più di Story Doing che di Story Telling. Più fatti e meno racconti. Più azioni concrete, meno retorica sterile. Un motore a favore di tutti i cittadini”.

Nel massimo della prima ondata della pandemia siamo riusciti a realizzare un contest tra tutte le emittenti volto a scoprire la canzone dei 45 anni della Radio in Italia. Siamo alieni? Le pandemie si curano o si arginano con le canzoni? Siamo stati totalmente estranei da un minimo di impegno sociale. Infatti il presidente del consiglio Conte chi chiama per chiedere un’opera di sensibilizzazione sui giovani all’uso della mascherina? Non di certo le Radio, dannazione…

Giuseppe Conte ha chiamato Chiara Ferragni e Fedez che con soli 100.000 Euro investiti in proprio hanno trascinato la loro moltitudine di fan a investirne altri 3.900.000 per donare un certo numero di terapie intensive all’ospedale San Raffaele di Milano. Grande gesto e ritorno sociale senza pari. Molto bravi, anche nel marketing di sé stessi. Quella telefonata da Palazzo Chigi doveva raggiungere il mondo della Radio e non quei due, con tutto il dovuto rispetto.

Abbiamo imparato la lezione? Abbiamo capito che in guerra le fionde che lanciano caramelle, oppure le canzonette, non risolvono proprio nulla? Possiamo in tutta franchezza chiudere il capitolo molto penoso di “I Love My Radio” e sostenere che si è trattato di una “tavanata galattica” come avrebbe detto Ezio Greggio al Drive In di qualche decennio fa? Possiamo pensare che sia questo il momento di studiare qualcosa di nuovo e assolutamente vicino allo Story Doing?

Il modo in cui si compongono le adesioni nel settore

Mi ha molto colpito il racconto di più editori a giustificare il coinvolgimento in “I Love My Radio”. Sentite qui: “Sai Claudio, non potevo permettere che solo la mia emittente non partecipasse”. E ancora: “Certo Claudio, è ridicola come iniziativa… ma chi glielo diceva?”. E poi un nome: “Sai Claudio, quando Linus crea un’idea per tutte le Radio c’è anche una forma di rispetto, no?”. Il rispetto per una persona sulla stessa bilancia delle iniziative del mezzo?!?

E poi parliamoci chiaro. Ammesso che si tratti proprio di un’idea di Linus, gli unici soggetti che sono nella Hall of Fame della Radio si chiamano Renzo Arbore e Claudio Cecchetto. Per cortesia altri non includano l’incolpevole Linus tra i “venerabili” del nostro mezzo. No sudditanze. Linus è un umano che ha commesso anche tanti errori. All Music, Radio Capital per 3 volte (anche questa), Deejay TV.

Quindi le idee a favore della Radio cercate e cerchiamo di comporle con un briefing chiaro e in gruppo di lavoro. E non ricorrendo soltanto a quello che sarebbe “divinizzato”, al direttore artistico dei miei stivali, ma a tutti coloro i quali possono contribuire da tutti i comparti e da tutte le aree della Radio. Qui si tratta di FARE QUALCOSA di UTILE e SOCIALE per renderci attivi e farci apprezzare. E ci rivolgiamo a chi ha espulso RadioThon dal suo palinsesto?

Qualche esempio?

Raccogliere fondi da tutti gli ascoltatori per l’aiuto sanitario: ossigeno negli ospedali, apparecchiature per le terapie intensive, maschere speciali del personale. Oppure per altre necessità del momento che possono concretamente aiutare i processi della sanità. Ovviamente si è credibili se si investe anche direttamente sia pure in quota parte; non credo che per almeno 10 Radio nazionali sia un problema offrire l’esempio con una donazione iniziale di Euro 500.000.

Non ci si vuole misurare per qualche motivo con la emergenza sanitaria? Si possono raccogliere fondi da tutti gli ascoltatori per il sostentamento economico. Si individuano le categorie professionali che più sono in tensione in questo momento e si costruiscono insieme alle associazioni di settore quelle iniziative che possano offrire sostegno immediato. Una ulteriore alternativa è raccogliere fondi da tutti gli ascoltatori per le famiglie in difficoltà.

Non si vuole entrare nel tema della raccolta fondi? E allora si faccia come già accaduto all’estero: un portale di servizio. Combinando le informazioni di tutte le redazioni nazionali e locali delle Radio si può creare uno strumento comune di guida e di informazione autorevole e di supporto per le persone. Sia per la conoscenza sui temi della pandemia da Covid-19 sia per l’intervento locale attraverso suggerimenti e servizi a integrazione di quelli esistenti.

Insomma, facciamo! Siamo in guerra, come ci ricordano più fonti autorevoli. Possiamo giocare nuovamente con la musica e passare per la seconda volta come il media delle canzonette?!? Per quanto mi riguarda per le stesse imprese Radiofoniche questo è un danno probabilmente superiore a quello delle stesse e gravissime perdite economiche del momento. E non servono direttori artistici magici. Semplicemente il desiderio e l’ardire di voler essere utili!