“Ammesse solo testate ritenute ‘amiche’, proteste fra i giornalisti esclusi”
Di Mario Modica
Reggio Calabria è un avamposto della lotta alla Ndrangheta e alla criminalità organizzata dove le forze impegnate nella lotta al contrasto all’illegalità dovrebbero allearsi invece che farsi i dispetti e combattersi l’un l’altra. Purtroppo in quelle zone di Italia non funziona così. Un po’ perché esiste un panorama editoriale debolissimo, fragile strutturalmente e ulteriormente appiedato da una pesantissima crisi economica. Un po’ anche perché le istituzioni con una certa disinvoltura metodologica, approfittando del “cono d’ombra” in cui ristagna il sistema informativo calabrese, non brillano sempre per trasparenza e lungimiranza comunicativa, anzi.
Ultimo degli episodi, poco edificanti per la categoria locale dei giornalisti a dire la verità, è avvenuto proprio ieri. Sembra che per comunicare l’avviso delle conclusioni delle indagini che interessavano un politico calabrese a livello regionale molto in vista, vale a dire l’ex sindaco di Siderno Pietro Fuda, accusato di aver favorito aziende collegate al clan Comisso sia stata commessa una clamorosa gaffe. Un ‘avviso di conclusione delle indagini’ non è certo la notizia del secolo, e lo è men che meno in una regione in cui corruzione e contaminazioni insane tra istituzioni e ndrangheta non sono certo una rarità.
Eppure, secondo almeno quanto raccontano numerosi testimoni oculari, pare la Questura abbia scelto di convocare solo 5 giornalisti ‘happy fews’ per comunicare la ‘notizia’, escludendo (non si capisce in base a quale criterio) testate regionali non di poco conto come il canale televisivo locale La C,la storica emittente locale RTV, il Dispaccio, il Quotidiano del Sud, l’Adn Kronos e varie altre testate on line, giustamente risentite per il gesto poco elegante.
Insomma una visione dell’informazione più incline alle logiche dell’Apartheid che gestite in base a criteri oggettivamente professionali, come sarebbe consono ad una Istituzione, ancor più in un territorio difficile . Tanto più che fra gli esclusi, secondo i bene informati, figurerebbero firme come quella di Claudio Cordova e di Consolato Minniti noti anche a livello nazionale per le loro rischiose inchieste sulle mafie.
In un’altra landa, per un fatto simile, sarebbe insorto l’Ordine dei giornalisti. Ma pare che interpellato a livello locale da uno degli esclusi , il rappresentate sindacale abbia balbettato qualche frase incerta tipo “la Polizia ha un problema di mailing list”. Quella di ieri (già soprannominata dagli addetti ai lavori ‘privé press conference’) è solo l’ultima di una serie di gaffes inanellate dalle istituzioni locali e dovute ad una certa inesperienza ‘tecnica’ .
Un episodio recente ha riguardato perfino il massmediologo Klaus Davi. Autore di uno scoop che ha svelato l’aggressione di un giovane mafioso, Giovanni Tegano ai danni di un politico locale Francesco Meduri , si aspettava che gli inquirenti lo citassero quantomeno come mero dato di cronaca , visto che il rampollo di ndrangheta è stato arrestato un anno dopo l’inchiesta di Davi e l’ordinanza era praticamente una fotocopia dei suoi articoli pubblicati l’anno prima. Ma il capo della Mobile del posto se ne è ben guardato, come a dire “delle inchieste giornalistiche non sappiano che farcene”. Come strategia in una terra in cui ci si lamenta a ogni piè sospinto del poco interesse dei mass media per la questione mafia non è male….I tempi gloriosi di Antonio Manganelli in cui Maurizio Costanzo spiegava alla Polizia di Stato i rudimenti delle ‘media relations’ sono molto lontani…..e le conseguenze, purtroppo, si vedono a occhio nudo.