La forza delle brand nel futuro della radio

Sviluppi tecnologici ma anche concorrenza con l’uso della tecnologia per il mezzo Radio, se ne parla proprio molto. Quali sono le differenze tra Radio e Audio, dunque tra Broadcast e Podcast? E’ un esercizio che ci serve per capire quali siano i reali pericoli per la Radio, e forse anche a prevenirli.

di Claudio Astorri

E’ chiaro che ci sia in questi tempi una certa confusione tra gli operatori della comunicazione su cosa sia Radio, che equivale a Broadcast, e cosa sia Audio, che equivale a Podcast. Almeno in generale. La mia tesi è che invece il pubblico abbia le idee molto chiare al riguardo, assai più degli operatori.

Colgo in effetti un certo caos da convegni, da letture specialistiche, perfino da ascolti di programmi Radiofonici. Gli anni della ipnosi televisiva di massa sono alle spalle e si sono aperte ulteriori opportunità per forme di comunicazione, Radio in primis, che accompagnino le persone nella loro giornata e nel loro tempo senza bloccarne o ostacolarne le attività. Sempre più frequentemente esse desiderano consumare il contenuto mentre fanno altro. Il Rinascimento del tempo, del proprio tempo. Salvo gettarlo nel consultare Facebook. Contraddizioni 4.0.

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E si fa un gran parlare, di nuovo, oltre che di Podcast anche di Contenuti. Parola importante ma molto probabilmente in questo momento la più abusata in tutto il mondo. Usata appunto per la qualsiasi. Quindi? In cosa di profondo, aggiungerei di straordinariamente visibile dai dati oltre che dall’esperienza, di intimamente correlato nella percezione della persone differisce la fruizione della Radio da quella dell’Audio? Semplice.

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La Brand di una Radio è un mix di valori di riferimento che possono richiamare contenuti nella Musica, nella Attualità/Informazione, nella Conduzione e nella Interattività.

E’ l’identità di stazione, la Brand vivente, sempre in servizio, ovunque disponibile e dalla fruizione libera che connota macroscopicamente la Radio dall’Audio e la colloca in un’area speciale. E scusate se è poco. La Radio è un servizio pubblico ad accesso gratuito, mai dimenticarlo, una forma di comunicazione tra Stazione e individuo. E’ anche molto frequentemente una forma di legame emotivo e familiare con una o più Brand, le stazioni Radio preferite. La crescita della Radio è passata, passa e passerà dalla capacità delle sue Brand di soddisfare esigenze sempre crescenti del pubblico.

L’Audio non necessita e non passa per queste prerogative. In qualche modo è un elemento di arricchimento più libero e più liquido. Può trarre vantaggio dall’analisi di cosa manchi in termini di offerta da parte dei media elettronici, e non solo. E’ per definizione on-demand. E richiede conseguentemente una disponibilità razionale e costante per l’auto-programmazione del tempo di fruizione da parte dello stesso individuo. Che spesso tuttavia non ha il tempo per pensare al tempo.

Ancora sulle differenze. Mentre nella Radio la persona si sintonizza con un mondo, un fattore esogeno, che gli fornisce la programmazione complessiva sulla base dei valori di riferimento della Brand, nell’Audio l’individuo crea un proprio palinsesto, plasma le proprie esigenze, modalità endogena. Ben inteso, i 2 mondi, che poi sono 2 modi, sono opposti ma complementari.

Un’altra differenza tra Radio e Audio sta nel modello di business. Che poi risente delle differenze tra un mezzo di comunicazione di massa e un prodotto editoriale specifico.

La logica del business della Radio è l’inclusività, la forza commerciale sta nel presentare ai clienti pubblicitari audience vaste, sia pur definite da target, tutte lì, tutte simultaneamente all’ascolto della stazione. Ed è un business esistente, crescente e vincente. Simile ma comunque distintivo anche verso la TV. Pronto verso il futuro grazie alla resilienza anche tecnologica del mezzo. Il modello di business dell’audio vive al contrario di esclusività, di associazione di brand che si promuovono abbinandosi a un contenuto audio specifico. La Radio è massificante, l’Audio è parcellizzante.

Il punto di debolezza della Radio, è da ribadirsi anche qui, sta nell’assenza di rilevazione elettronica almeno in Italia. Le Brand avvantaggiate dalla metodologia CATI e la lobby delle Radio più piccole, abilmente spaventate sulle novità tecnologiche, creano un ponte di opposizione all’introduzione di forme elettroniche di misurazione degli ascolti. La conseguenza è che per difendere la propria fettina di torta non si considera che i gatti famelici Google e Facebook, tra gli altri, potranno mangiarla quasi tutta o almeno in una certa parte.

La Radio rischia solo sul fronte commerciale, di più nella sua dimensione locale, e non affatto peri  pericoli dall’Audio, dai cruscotti, dagli aggregatori, da Home, da Echo. Non affermiamo sciocchezze, per favore. La Radio rischia commercialmente dai giganti esentasse del Web sostenuti sempre più da ottusi nativi digitali o da persone di quell’atteggiamento al potere dei budget pubblicitari. La rilevazione elettronica è la miglior polizza assicurativa della Radio per il futuro e mi fa andare fuori di testa l’assenza di considerazione e di ignoranza corrotta verso il futuro che anima i suoi fieri oppositori.

La Brand è il vero fattore di successo della Radio, e lo è sempre di più come confermano tutte le ricerche, la leva sugli ascoltatori e sul tempo di ascolto, sulla fruizione del mezzo. E’ la base culturale del Broadcast. Come si può parlare di Radio, esprimerne delle previsioni senza capire o coinvolgere qualcuno che rappresenti quello che è il mondo che la fa girare, crescere e vincere? Basta invitare editori o direttori di Brand affermate a livello pubblico, nazionale o locale.

Eppure mi capita di assistere a convegni dove si parla della Radio solo tecnologicamente oppure, peggio ancora, dove la si espone editorialmente attraverso la sua archeologia 1.0 e la sua presupposta spontaneità perduta in nome di Alexa. Incredibile. O dove si comunica con grande fierezza che gli smart-speaker modificheranno e cancelleranno per sempre il modello di business della Radio basato sulla pubblicità tabellare. Boom. Malafede o ignoranza?

Che nostalgia di convegni quali “Come afferrare Proteo”. E, soprattutto, meno male che gli ascoltatori della Radio sono più intelligenti di noi.

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