di Federico Unnia
L’inganno, o meglio, la fregatura che consegue spesso la visione di un messaggio ingannevole, arriva da diverse parti. Tv, Radio, Cinema, casella di posta elettronica, affissione, volantino nella buca della posta. E proprio da un avvivo, mandato per posta, arriva un caso interessante deciso dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato.
Stiamo parlando di Rinnovo Marchi Italiani, società offre servizi di consulenza alle imprese, la cui iniziativa truffaldina è stata smascherata e sanzionata dall’Agcm.
Il procedimento ha riguardato il messaggio inviato a svariate imprese a mezzo posta, ed era contenuto in un modulo che indica la prossima scadenza di un marchio di cui il soggetto ricevente è titolare. Nell’intestazione era collocato un logo che evidenziava la ragione sociale, senza ulteriori elementi circa l’identità del professionista. Il trucco era congeniato nell’iniziale avviso di prossima scadenza della registrazione del marchio, cui faceva seguito una nuova comunicazione in cui si spiega la procedura burocratica da seguire per ottenere il rinnovo e si forniva un modulo che doveva essere depositato presso l’Ufficio Brevetti e Marchi della Camera di Commercio compilato con i dati dell’azienda.
Nel corso dell’attività istruttoria è emerso che la cifra richiesta di 1.150 euro non solo non era comprensiva dell’IVA al 22% (che faceva lievitare raggiungere il valore di 1403 euro alla spesa complessiva), ma non include nemmeno le tasse di concessione governativa previste dalla normativa per ottenere il rinnovo del marchio.
Secondo l’Antitrust, l’effetto ingannevole del messaggio era prodotto dall’utilizzo del logo, che nella corona circolare conteneva la ragione sociale Rinnovo Marchi Italiani, senza includere ulteriori elementi informativi circa l’identità del professionista, quali la specificazione della tipologia di società; così chi riceveva la comunicazione era indotto a ritenere che provenisse da un ente o ufficio pubblico.
In secondo luogo, l’impressione che si tratti di una comunicazione ufficiale è ulteriormente rafforzata dalla indicazione di una serie di informazioni assai dettagliate sul marchio in scadenza nonché di una sua riproduzione grafica.
Infine, il messaggio è stato ritenuto gravemente omissivo sulle informazioni inerenti alle reali caratteristiche del servizio offerto. Questo anche in relazione alle modalità con cui era comunicata la spesa cui il soggetto titolare del marchio in scadenza sarebbe andato incontro. L’importo in questione (1150 euro) era riportato in caratteri di ridotta dimensione grafica e senza indicazione alcuna del fatto che ad esso occorre aggiungere l’Iva e che non fossero incluse le tasse di concessione governativa previste dalla normativa per ottenere il rinnovo del marchio.
Insomma, una furbata, per non dire, un pacco arrivato per posta.