La Panchina – Di sana costituzione

Di Pietro Greppi

Stare su una panchina, lo avrete sperimentato anche voi, stimola la riflessione. E quella che segue è nata proprio così.

Una legge ingiusta non è una legge da seguire. E anche questa è una cosa che dovrebbe essere sancita … da una legge. Una legge che tuteli non le leggi emanate, ma l’Istituto stesso che le emana dal rischio di macchiarsi di errori gravi e infamanti prevedendo di potervi porre rimedio. E di leggi che si rivelano dei mostri contro l’umanità ce ne sono parecchie, emanate da persone che troppo spesso capita non vivano la vita reale e che non conoscano davvero il dramma di chi non ha i privilegi di chi decide per gli altri. Chi non ha fame e non l’ha neppure mai avuta non può capire chi ce l’ha e la sperimenta quotidianamente o ne sente l’odore avvicinarsi.

Usando anche solo la logica, il buonsenso, l’onestà (anche quella intellettuale)  e l’etica, non si può non arrivare a pensare, per esempio, che lo Stato non può e non deve prelevare/chiedere denaro, in qualsiasi forma, se non in eque proporzioni, solo in presenza di redditi adeguati e solo da e fino un certo limite. Considerando, al di là di ogni retorica, che ogni persona deve poter esercitare liberamente e senza costrizioni il diritto alla vita nella propria condizione di libero individuo, lo Stato non può e non deve chiedere contributi in denaro – vale la pena ripeterlo – che non siano nelle disponibilità effettive dell’individuo. E questo riguarda anche ogni altro Ente delegato dallo Stato a raccogliere tributi di ogni genere. Non può e non deve poter chiedere contributi se non in senso proporzionale ad un reddito effettivo e documentabile e solo dopo un certo importo minimo di sopravvivenza garantito, tutelato e fino ad un massimo stabilito. Ogni richiesta di contributi e tasse che giunga attraverso qualunque emanazione dello Stato andando al di là di limiti stabiliti ma condivisi e di buon senso e di rispetto della vita sono da considerarsi, tra l’altro, contro l’art. 53 della stessa Costituzione Italiana e l’art. 3 della stessa. Non può essere ammissibile alcuna deroga o giustificazione che vada oltre i semplici princìpi appena indicati. Non può essere  ammissibile che le persone debbano ricorrere a rimedi estremi per far fronte a richieste inique dello Stato. Semplicemente lo Stato deve fare un passo indietro. In conseguenza a queste semplici considerazioni mi stupisce che nessuno abbia ancora agìto per raccogliere seriamente adesioni al fine di ricorrere ad un’opposizione pacifica, ma ferma, che si manifesti con l’istituzione di una “Causa allo Stato” -o come altro la si possa chiamare- da inserire fra le leggi applicabili per ogni caso iniquo che si presenti sia al fine di prevenirlo, sia per risanare situazioni pregresse. Quando lo Stato, in qualunque modo o attraverso qualunque intermediario, chiede denaro a persone che non hanno un reddito che consenta loro di pagare se non privandosi del diritto della propria sopravvivenza … quando questo accade esiste il diritto dovere di ignorare tali richieste e di appellarsi all’applicazione della Costituzione che afferma (art. 3): “… È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.” E spero che nessuno osi cambiare queste parole. Anzi no, una potremmo pensare di toglierla: “lavoratori”. Perché i diritti umani non possono dipendere dal lavoro, altrimenti dipenderebbero da chi il lavoro lo assegna.

di Pietro Greppi – info@ad-just.it