In Italia le PMI che investono in visibilità sui motori di ricerca sprecano tutto con una comunicazione inefficiente e poco interessante.
E’ questo il risultato di una ricerca effettuata da Mirco Di Porzio, specialista di acqusizione clienti con internet, e Christian Vianello, “professionista del dato”.
“Le ricerche degli ultimi anni dimostrano che ogni anno aumentano gli investimenti in visibilità sui nuovi media” ci dice Mirco Di Porzio “ma ci siamo chiesti se la qualità della comunicazione fosse dello stesso livello di quella effettuata sui media tradizionali. Allora abbiamo aperto il portatile ed abbiamo studiato 384 siti di 48 differenti settori merceologici.”
I siti sono stati selezionati tra i primi risultati di Google nei loro settori: 50% di questi tra gli annunci apagamento e 50% tra i risultati “organici”, ossia quelli non a pagamento.
I risultati sono sorprendenti…
SIAMO ANCORA INDIETRO CON IL MOBILE
Il 37% dei siti analizzati non risulta compatibile con la navigazione su tablet e mobile. I risultati sono sbalorditivi se si considera che la ricerca è stata effettuata sui risultati di ricerche che portano un totale di circa 320.000 visite annuali di potenziali clienti, con un investimento annuo per gli annunci a pagamento di 1.443.319€.
Il traffico interet effettuato dal mobile aumenta sempre di più ed ha raggiunto il 50%, non ha nessun senso investire in visibilità se poi il sito non è ottimizzato per 1 visitatore su 2.
TUTTI LEADER DI SETTORE
I titoli sono da sempre la cosa più importante. Diceva David Ogilvy, padre del copywriting moderno, che 80 centesimi di ogni dollaro dovrebbero essere spesi sul titolo. Il titolo deve attirare l’attenzione del potenziale cliente, stimolare la sua curiosità, solleticare il suo ego.
Tra i siti analizzati, solo il 17% presenta un titolo che esprima i benefici offerti dalle aziende ed in che modo si distinguono dalla concorrenza.
Tutto il resto è una lunghissima sfilza di siti che hanno come titolo “Leader di settore” oppure “Offriamo servizi a 360 gradi”. Dice Mirco Di Porzio a questo proposito: “ritengo che sia questo il più grande problema di internet: molte aziende investono per portare il proprio sito sotto gli occhi di un potenziale cliente, poi gli fanno leggere un messaggio che non è stato scritto per attirare la sua attenzione e incuriosirlo al punto da lasciare i suoi dati di contatto.”
Google è il regno dove la competizione con la concorrenza è massima. Se cerchi “idraulico” compariranno contemporaneamente 14 risultati diversi, tutti siti di concorrenti. Comparire in prima pagina non serve a niente, se non si è capaci di differenziarsi e mettersi in evidenza.
MI DOVREI FIDARE?
Ecco cosa pensano le persone mentre quardano i siti internet di aziende che non hanno mai sentito nominare: mi dovrei fidare? Sono ormai anni che sono stati individuati alcuni indicatori di credibilità che non dovrebbero mai mancare. Per esempio fotografie vere dello staff o degli uffici. Chi ci “mette la faccia” di solito lo fa perché non ha niente da nascondere. Simboli delle certificazioni assegnate o delle associazioni di cui si fa parte, rassicurano sulla professionalità e sulla competenza.
Oppure i loghi dei clienti, forniscono un potente segno di riprova sociale. Così come le recensioni ed i nomi dei testimonial soddisfatti o il portfolio dei lavori svolti.
Il pensiero che nasce spontaneo è “se lo hanno scelto loro, dovrei sceglierlo anche io…”.
Il 67% dei siti analizzati non presenta neanche uno solo degli indicatori di credibilità, è un numero troppo alto.
CI PENSO UN PO’ SU
Si dice che solo il 3% di chi naviga su un sito diventa cliente, e gli altri? Il solo fatto che non vogliano comprare ora non vuol dire che non vogliono comprare mai. Infatti ci sono moltissimi motivi del perché le persone vadano via dal sito, la maggior parte dei quali non c’entra col fatto che abbiano deciso di non comprare più. La stragrande maggioranza compra, ma non oggi. Ha solo bisogno di un po’ di tempo per capire meglio, valutare, decidere.
Di tutti i siti analizzati solo il 7% offre qualcosa agli utenti in cambio dei dati di contatto, così da poterli ricontattare nei giorni seguenti e ricordargli di usufruire dell’offerta. Ma di questi solo il 50% ha effettivamente inviato nei giorni successivi delle email per cercare di farsi ricordare dai potenziali clienti e convincerli a scegliere loro quando saranno pronti.
Ci dice Christian Vianello: “Il risultato della ricerca sembra arrivare alla conclusione che ad oggi il web marketing delle PMI Italiane sia troppo orientato alla tecnologia e troppo poco orientato al marketing, con attività che investono in visibilità che però porta i potenziali clienti a contenuti e processi di marketing deboli e inconsistenti”.