Da aprile l’Ue impone di liberalizzare le royalty sulle opere intellettuali ma per l’Authority la Società Autori ed Editori va ridimensionata. E intanto la neonata Soundreef prende piede…
di Claudio Micalizio
Lo dice l’Europa: il mercato della raccolta e della gestione dei diritti d’autore sulle opere musicali, che in ambito comunitario vale 5 miliardi di euro, va aperto agli operatori privati. E in Italia il monopolio della SIAE impedisce la crescita di altre società, con grave danno per il settore e per gli artisti stessi: per questo l’Antitrust ha sollecitato un cambio di marcia.
L’Authority scrive al governo
Solo che, almeno per il mercato italiano, un ruolo importante nel cambiamento deve esercitarlo la politica perché la Società Italiana Autori ed Editori, che è un ente pubblico economico, svolge la sua attività di mediazione proprio grazie all’investitura prevista dalla legge sul diritto d’autore (la n. 633/1941) che, al titolo quinto, attribuisce in esclusiva alla SIAE l’attività di mandato, rappresentanza, riscossione e cessione “dei diritti di rappresentazione, di esecuzione, di recitazione, di radiodiffusione e di riproduzione meccanica e cinematografica di opere tutelate”. Fuor di burocratese – e de facto – un vero e proprio monopolio che però, secondo l’Autorità garante della concorrenza e del mercato, va rimosso in ossequio alle direttive europee e nell’interesse del mercato italiano: nella lettera inviata al Parlamento e al governo, infatti, l’Authority sottolinea che “il nucleo della direttiva caldeggiata da Bruxelles è costituito dalla libertà di scelta” e dovrebbero essere i titolari dei diritti ad avere la facoltà di individuare un organismo di gestione collettiva “indipendentemente dallo stato membro di nazionalità, di residenza o di stabilimento dell’organismo di gestione collettiva o del titolare dei diritti”. In soldoni: ogni autore potrà affidare la gestione dei propri diritti d’autore a qualsiasi società autorizzata, a prescindere dal Paese di residenza.
Gli scenari europei e i limiti italiani
Ma finchè la SIAE manterrà le caratteristiche attuali, il mercato dei diritti intellettuali in Italia non sarà libero e resterà un’anomalia in ambito europeo perché in altri stati operano già più società. Un vulnus che, oltre ad essere in teoria economicamente dannoso per gli operatori di tutti gli stati membri, avrebbe portato ad una sorta di “isolamento” dell’Italia. Da qui la lettera dell’Antitrust per evidenziare che nel disegno di legge attualmente in discussione in Parlamento per riformare il settore, non si prevede espressamente un intervento sul regime di monopolio legale della SIAE. Ma a parte gli adempimenti comunitari, sono in molti a sollecitare da tempo la riforma del settore e dell’ente stesso che, cifre alla mano, versa in condizioni di profondo dissesto e che secondo alcuni studi economici a causa della sua inefficienza costa alla cultura italiana oltre 13 milioni di euro. Di contro, l’ingresso nel mercato di nuove società garantirebbe la creazione di posti di lavoro e una ventata di innovazione del settore: uno scenario descritto anche da 300 imprenditori in una lettera consegnata al presidente del Consiglio Renzi qualche tempo fa.
Le fughe in avanti di D’Alessio e Fedez
In attesa dunque che la politica faccia la sua parte, negli ultimi mesi il mercato discografico ha già registrato i primi sussulti dopo anni di malumori più o meno sopiti. E a lanciare la frontiera delle liberalizzazioni sono stati Fedez e Gigi D’Alessio, che per primi hanno lasciato la SIAE per affidare i propri diritti d’autore alla start up “Soundreef”, che lo scorso 18 marzo è stata riconosciuta ufficialmente in Inghilterra. Appena sbarcata in Italia, la nuova società potrà quindi già rappresentare due calibri del mercato nazionale: Gigi D’Alessio vanta 20 milioni di dischi in tutto il mondo e un repertorio di 750 brani, Fedez è in testa alla classifica 2015 dei concerti con più biglietti venduti. Entrambi hanno già fatto sapere di aver cambiato casacca con entusiasmo, vestendo di fatto i panni dei testimonial: “Sono sempre attento alle novità – ha dichiarato per esempio Gigi D’Alessio – e mi ha convinto la trasparenza della rendicontazione di questa giovane società, al contrario di quella SIAE che non è analitica e non chiarisce con esattezza da dove arrivano i proventi. Sono certo che tanti altri colleghi ci seguiranno su questa strada”.
Cosa fa la differenza?
Trasparenza, maggior efficienza e un occhio di riguardo per gli artisti più giovani. A raccogliere i primi commenti tra gli operatori del settore, non sono poche le differenze tra il modello SIAE – accusato dai detrattori di favorire solo “vecchi privilegi e rendite di posizione” a scapito degli interessi di buona parte degli 80mila iscritti – e la neonata “Soundreef” che, complice anche un migliore utilizzo dei sistemi digitali, promette per esempio di ridurre drasticamente i tempi di rendicontazione e pagamento dei compensi per gli autori (un paio di settimane contro l’attuale media di 12/24 mesi impiegati dall’ente monopolista), con la determinazione puntuale e non forfettaria delle spettanze a tutto vantaggio degli autori più giovani, che attualmente – stando alle accuse – nel 60% dei casi non riescono a recuperare neppure le quote di iscrizione a SIAE.