di Federico Unnia
Tutti, o almeno una buona parte, dei 40enni che operano nella comunicazione potrebbero aver fatto l’esperienza del servizio militare.
Chi scrive addirittura al Comando nel 3° Corpo d’Armata, alle dipendenze della Segreteria del capo di Stato Maggiore (un primo ministro di fatto nella struttura militare di allora!).
Uno dei luoghi comuni della vita di caserma è sempre stato il linguaggio e il continuo richiamo al sesso, con battute ed insinuazioni più o meno velate alle doti e alle prestazioni.
Viene in mente l’universo militare leggendo la recente ingiunzione di desistenza con la quale il Presidente del Comitato di Controllo ha sbloccato la diffusione del messaggio stampa “Le erezioni più dure e il miglior sesso che lei abbia mai fatto!”, relativo al prodotto “Cep+”, in quanto ritenuto manifestamente contrario agli artt. 2 – Comunicazione commerciale ingannevole – e 23bis – Integratori alimentari e prodotti dietetici – del Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale.
Il messaggio pubblicizzava un integratore alimentare, cui era attribuita in termini perentori ed esorbitanti la capacità di far conseguire agli uomini inverosimili effetti nella sfera sessuale, veicolando promesse palesemente decettive, potendo così indurre in errore il pubblico. Nella comunicazione si affermava, a mero titolo di esempio che il prodotto era “5 volte più potente del Viagra senza effetti collaterali”; “Cep+ è il più potente ed efficace afrodisiaco maschile mai scoperto”; “offre agli uomini la massima erezione possibile, in molti casi 20-23 cm e in molti casi ancora di più”, “sicuro di sé e potente con un pene tanto grosso da poter soddisfare qualsiasi donna”; “IMPOSSIBILE AVERLO Più DURO DI COSÌ”; “le sue eiaculazioni saranno esplosive… con maggior volume di sperma”; “si conceda un’erezione come una sbarra d’acciaio”; “ Il più potente afrodisiaco al mondo”; “basta una micro-compressa per darle incredibili erezioni”; “ I suoi effetti durano 48 ore”.
Secondo il Comitato di Controllo, le promesse veicolate trascendevano gli effetti riconoscibili ad un prodotto come quello pubblicizzato e accreditavano in modo irresponsabile nei consumatori il convincimento che l’integratore in questione potesse costituire un’alternativa “naturale” ai farmaci o ai trattamenti terapeutici per la cura di specifiche patologie.
Una pericolosità resa ancor più grave dalla considerazione del pubblico cui era destinato il prodotto, costituito da consumatori particolarmente sensibili nei confronti di annunci che promettono il sicuro e rapido ottenimento di risultati ambiti e per questo motivo portati ad una decodifica più allettante ed illusoria delle promesse pubblicitarie, con la conseguente amplificazione dei profili di decettività.
Nessuna parola, invece, sul linguaggio usato nel messaggio, con espressioni non del tutto consone ad un linguaggio civile. Decisione che sorprende, conoscendo il piglio con il quale il Comitato bacchetta espressioni o rappresentazioni volgari.