Il 2015 si è aperto con una brinata scesa sulle speranze accese dalle positive tendenze di fine 2014; speranze che tuttavia non si sono vanificate ma sono rimaste in forza della permanenza di alcuni potenti fattori propulsivi della congiuntura. Si vuol fare preciso riferimento al quantitative easing, al deprezzamento dell’euro nei confronti del dollaro, alla sensibile contrazione del prezzo del petrolio.
A conforto di quanto sopra stanno le confermate previsioni del PIL, formulate da una pluralità di fonti autorevoli: per il 2015 a +0,6% e per il 2016 a + 1,3%. Si tratta di previsioni, certamente meno brillanti di quelle della generalità dei paesi dell’eurozona, ma che ad ogni buon conto stanno ad indicare la fine della lunga recessione e il contemporaneo avvio della ripresa.
Ma nell’attesa di detta ripresa che bussa alle porte, s’impone una serena ed oggettiva panoramica della situazione contingente. Innanzitutto in questo inizio d’anno si devono registrare i passi indietro compiuti sul versante delle difficoltà: dalla produzione industriale e dai prezzi dei relativi prodotti, dal fatturato e dagli ordinativi dell’industria, dall’import- export e del conseguente saldo, dal clima di fiducia delle imprese manifatturiere, dagli investimenti pubblicitari.
Dal lato del versante positivo si devono invece annoverare alcuni significativi passi in avanti: l’abbassamento del tasso di disoccupazione sia generale che giovanile, la riduzione della deflazione, l’incremento del commercio al dettaglio, la contrazione dei prezzi dei prodotti importati, la riduzione del trend negativo delle costruzioni, il rinvigorito clima di fiducia dei consumatori.
Se si scende poi in un’analisi più dettagliata del tratteggiato panorama corrente si constata come la produzione industriale del mese di gennaio abbia subito un consistente arretramento nella misura del -2,2%, quale risultante di analoghi arretramenti sofferti da tutti i comparti, ivi compreso l’aggregato dei beni di consumo (cui sono notoriamente correlati gli investimenti pubblicitari).
Detto arretramento ha ovviamente accentuato il divario con la situazione ante recessione del gennaio 2007 portandolo complessivamente al -23,7%, che si pone fra le contrazioni massime (oltre il -30%) dei beni di consumo durevole e dei beni intermedi e le contrazioni minime (intorno al -10%) dei beni di consumo non durevole, mentre il divario dei comparti dei beni strumentali e dell’energia staziona intorno a quello complessivo.
Il fatturato dell’industria nel mese di gennaio è precipitato in territorio negativo con un pesante – 5,6% quale media fra un sorprendente – 6,6% del mercato interno ed un consistente -3,9% del mercato estero.
Andamento analogo viene presentato nello stesso mese dagli ordinativi dell’industria. Infatti, anch’essi presentano una forte contrazione del -5,5% che si specchia nel -5,5% del mercato interno e nel -5,4% del mercato estero.
L’andamento dei prezzi alla produzione dei beni industriali è rimasto in territorio negativo anche nel mese di gennaio con un -2,9% che peggiora il -1,8% di dicembre. La contrazione di gennaio costituisce la media fra il più pesante -3,7% del mercato interno e il più lieve – 0,4% del mercato estero (ed un -0,3% mercato dell’area euro),
L’andamento dei prezzi dei prodotti importati sembra addirittura affondare in acque negative sotto un pesante -6,4%, causato principalmente dal -10,5% dell’area non euro e in misura notevolmente minore dal -0,6% dell’area euro.
Il comparto della produzione delle costruzioni è diminuito del -2,4% rispetto al gennaio 2014, confermando così le difficoltà in cui esso versa da tempo. Tuttavia è doveroso rimarcare come detta diminuzione – essendo inferiore a quelle dei mesi precedenti – stia ad indicare una sia pur modesta tendenza al recupero.
Anche le esportazioni fanno segnare una consistente contrazione: si tratta di un -4,2%, quale risultante fra il -4,7% verso i paesi UE e il -3,5% verso i paesi extra-UE, Lo stesso andamento si riscontra per le importazioni che in complesso arretrano del -4,3%, determinato quasi esclusivamente dal forte calo da parte dei paesi extra-UE (con il -8,5%) mentre è di lieve incidenza (-0,5%) la contrazione da parte dei paesi UE.
Non poteva che risentire sensibilmente della debolezza dell’import-export il relativo saldo che scende a 219 milioni di euro, quale differenza fra la positiva partita con i paesi UE (+452 milioni) e quella negativa dei paesi extra-UE (-233).
Nel mese di gennaio il commercio al dettaglio si presenta in ascesa con un buon incremento pari al +1,7%, dovuto in prevalenza all’aumento del +2,9% del settore alimentare ma anche col sostegno del +1,0% da parte del settore non alimentare. Le positive variazioni citate sono dovute in maggior misura al +3,4% della distribuzione moderna ed in minor misura al +1,0% della distribuzione tradizionale.
La consistente flessione della produzione industriale (ivi compreso l’aggregato dei beni di consumo) ha prodotto la consueta più che proporzionale flessione degli investimenti pubblicitari. Infatti, essi lamentano una perdita tendenziale del -4,4% alimentata dalle contrazioni da parte della generalità dei media, fatta eccezione però di TVSat (+12,4%) e delle Affissioni (+ 7,6%) che invece sembrano navigare a gonfie vele.
Va ricordato come l’arretramento in gennaio degli investimenti pubblicitari abbia ampliato il gap fra la situazione attuale e quella dell’anno iniziale della recessione (2008). Infatti, a gennaio il gap si è portato al -34,7% (mentre quello della produzione industriale è del – 23,7%), quale risultante fra gli abissi (anche oltre il -60,0%) in cui sono precipitati Quotidiani, Periodici, Affissioni e Cinema e la più contenuta contrazione della TV e della Radio (intorno al -30%), contro l’imponente balzo in avanti dei nuovi media (TVSat +73,6% e Internet +49,2%).
Appare degna d’interesse la conferma della ristabilita relazione fra l’andamento degli investimenti pubblicitari e l’andamento della produzione dell’aggregato dei beni di consumo. Infatti, col 2014 le Imprese pare abbiano cessato di dirottare risorse pubblicitarie verso le attività promozionali. La qual cosa potrebbe essere interpretata come un ritorno ai tradizionali rapporti col mercato ed a un più attenuato doping delle promozioni.
Il clima di fiducia palesa un andamento positivo per le imprese delle costruzioni e dei servizi, mentre flette in lieve misura la fiducia delle imprese manifatturiere. Si flette invece in maggior misura la fiducia delle imprese commerciali.
Il clima di fiducia dei consumatori presenta un significativo miglioramento sia per la componente economica sia per quella personale. Anche i giudizi e le attese sulla situazione economica del paese sono in netto miglioramento.
Le turbolenze che hanno inopinatamente avvolto la congiuntura, ma nel quadro di allettanti prospettive, al momento rendono aleatorie e non significative le stime previsive del rapporto 2015/2014 concernenti gli investimenti pubblicitari e la produzione industriale. Pertanto se ne rinvia la presentazione alla imminente normalizzazione.