di Federico Unnia

H3G rompe gli indugi e guida una “crociata pubblicitaria”, dal momento che alla sua azione ha aderito sia Wind sia Telecom, contro una recente campagna di Vodafone, ritenuta scorretta dal Giurì di autodisciplina pubblicitaria.
La vertenza – è bene subito chiarire – si è chiusa con la dichiarazione di non conformità della pubblicità all’art. 2 Cap (pubblicità ingannevole), aggravata dalla pubblicazione di un estratto della pronuncia ex art. 40.
Secondo il Giurì la differenza vantata tra la Rete Vodafone, non individuata peraltro (3G? 4G?), e le altre reti, non è stata ritenuta corrispondere al vero in quanto anche con reti più lente è possibile vedere filmati in streaming; inoltre, anche gli altri operatori offrono ai loro clienti la possibilità di usufruire di reti di terza e quarta generazione (come quelle vantate da Vodafone). Con questo attribuendosi un vanto di presunta superiorità non rispondente al vero. Secondo il Giurì, inoltre, costituisce grave l’inganno per i consumatori riferire il pregio vantato alla propria esclusiva tecnologia invece che ai più recenti standards di trasmissione dato che anche altri operatori possono assicurare (come nel caso di specie).
Per il Giurì la scorrettezza della comparazione era enfatizzata dall’invito a non “accontentarsi”, espressione che trasmette il fatto che chi non passa a Vodafone si accontenta di un servizio inadeguato che tale in verità non è anche in considerazione del fatto che per la maggior parte dei servizi fruibili con lo smartphone è adeguata anche una rete meno veloce di quelle di ultima generazione. Il consumatore era indotto a non
valutare se al maggior costo corrisponda un servizio migliore ed utile.
In sostanza, ha concluso il Giurì accogliendo il ricorso di H3G, difesa da Elena Carpani, Partner Mercanti Dorio e Associati, un inganno aggravato dal fatto che non veniva precisata la scarsa copertura del servizio. Da qui lo stop e la sanzione aggiuntiva della pubblicazione sul Corriere della sera di un estratto della pronuncia.