di Giacomo Aricò
Calcio e tv, un problema cha va avanti da anni. A peggiorare una situazione perennemente complicata, ovvero quella di trovare accordi in Lega sulla spartizione dei diritti televisivi tra “grandi” e “medio-piccole” squadre, sono arrivati nella giornata del 28 giugno i risultati delle indagini demoscopiche più la sintesi dei dati Auditel, per definire la questione dei bacini d’utenza. Secondo la legge Melandri, dal 2010-2011, la cifra complessiva dei diritti tv (sia quelli in chiaro che quelli criptati) viene venduta in forma collettiva e il ricavato viene suddiviso in tre parti: c’è quella prevalente, che viene ripartita in venti quote uguali; c’è la quota destinata alle società in base ai risultati sportivi; c’è infine quella legata al bacino d’utenza, cioè al numero dei «sostenitori»/tifosi, per una quota di 200 milioni di euro. Proprio alla luce di questi ultimi rilevamenti, Juventus, Milan e Inter hanno scoperto di ritrovarsi con un danno economico tale da essere nella condizione di rivolgersi ai tribunali, prima quelli sportivi e poi quelli ordinari. Entrando nel dettaglio: la Juve, che pensava di arrivare a 90 milioni di euro per il 2010-2011, ha scoperto che non supererà i 77 milioni; Milan e Inter, che pensavano di arrivare a 80 milioni, per ora si vedono bloccate a quota 70. Quindi le indagini demoscopiche più i dati Auditel non soltanto aiutano i club più piccoli (Cesena e Chievo su tutti), ma presentano aspetti curiosi, compreso quello legato alla Lazio, che arriverebbe a prendere 52 milioni, collocandosi davanti alla Roma e dietro al Napoli, come quinto club italiano. Rispetto agli incassi dalla vendita soggettiva dei diritti criptati del 2010, le perdite delle tre big sono ancora più consistenti: ricavi dimezzati, tra l’altro proprio nel momento in cui sta entrando in vigore il fair play finanziario, imposto dall’Uefa, che prevede di reinvestire soltanto quanto ricava un club.
Una conseguenza, quella del calo degli introiti, che diminuisce la competitività dei club di vertice facendo aumentare l’equilibrio in Italia, poiché cresceranno i ricavi per le società di seconda fascia, ma le squadre che giocheranno in Champions League si troveranno in posizione di grande svantaggio rispetto a quanto avviene all’estero (Spagna, Inghilterra e Germania). Siccome i dirigenti dei tre club sono convinti che questa suddivisione rappresenti una sorta di esproprio, ecco la minaccia di scissione e di ricorso ai tribunali: «è difficile immaginare un accordo per noi più penalizzante» hanno fatto sapere. Il rischio è che, passando prima dai tribunali sportivi, compresa l’Alta Corte presso il Coni, per finire alla magistratura ordinaria, i tempi si faranno lunghissimi, portando ad una vera e propria paralisi della serie A. Una scelta che porterà non solo al congelamento dei 200 milioni, che rappresentano l’oggetto del contendere, ma anche dei ricavi complessivi della prossima stagione, che non potranno essere divisi fino al pronunciamento finale della magistratura.
Nella giornata di ieri 29 giugno, ecco la riunione in Lega per tentare di ricostruire una situazione andata in frantumi. Alla fine l’accordo è ancora in alto mare. Juve, Inter e Milan unite più che mai, come non mai. Il più deluso è stato Adriano Galliani: “Peggio di così non poteva andare. Non si riesce a risolvere praticamente nulla. Non ci sono accordi. E’ una situazione difficile per il calcio italiano. Ogni proposta viene bocciata – ha proseguito – tutto è bloccato e questo ci impedisce di parlare di politiche sportive”. E su una possibile Super Lega delle grandi dice: “Dobbiamo trovare un accordo ci siamo appena separati dalla B, non si può fare la Lega della Lega”.
Sulla stessa linea anche il Presidente della Juventus Andrea Agnelli: “Un accordo deve essere trovato e dobbiamo farlo per il calcio, ma non c’è l’apertura delle piccole verso le grandi, e la maggioranza ce l’hanno loro”.
Passando all’Inter, l’amministratore delegato dell’Inter, Ernesto Paolillo, aveva fatto sapere che il 28 giugno la società nerazzurra, d’intesa con Juve e Milan (più sfumata la posizione di Roma e Napoli che non subirebbero danni economici e quindi starebbero lentamente rivedendo la loro posizione), si sarebbe rivolta al tribunale.
Secondo l’ipotesi che si sta studiando, il progetto post 2012 prevede la modifica della legge. Dal 40-30-30 (rispettivamente uguale per tutti, classifica sportiva e bacini d’utenza) si vuole arrivare a un più semplice e non appellabile 40-60 (insomma uguale per tutti e classifica). Si chiederebbe in questo modo di togliere il meccanismo per cui si voleva calcolare quanti fossero i tifosi e i sostenitori e quale partita guardassero tra sabato e domenica nello spezzatino televisivo.
Più ottimista è stato Gino Pozzo, figlio del patron dell’Udinese: “Ci serve ancora almeno una settimana e nel frattempo abbiamo convenuto di sospendere la delibera dell’assemblea votata dalle 15 piccole e di non procedere alla fatturazione della quota dei diritti tv frutto dei sondaggi sui bacini d’utenza, mossa che sarebbe stata vista come un atto ostile dalle grandi”.
La soluzione va trovata. Con ogni probabilità si arriverà a chiedere di cambiare la legge, magari ipotizzando, non per questo ma per il prossimo campionato, un passaggio intermedio che riduce dal 30 al 21% l’incidenza dei bacini.
Intanto oggi è arrivata una dichiarazione del Presidente della Lega Maurizio Beretta: “Bisogna trovare un accordo che va costruito passo dopo passo, stando attenti agli interessi di tutti. Non ho nessun dubbio: il campionato partirà”.
Ci si augura quindi un accordo, per il bene del calcio e di chi lo segue con passione, ovvero i tifosi. L’Italia che lavora e che tifa, quella che accende la tv per viversi quello spettacolo di novanta minuti.