La seconda puntata dello sceneggiato di Canale 5 che esalta la camorra è stato seguito da 7 milioni di telespettatori. Ma in Vigilanza Rai, avanza l’idea di un patto o di un codice di autoregolamentazione da proporre a tutte le emittenti televisive
di Giovanni Santaniello
Se in occasione della prima puntata, “Pupetta, il coraggio e la passione” aveva vinto la serata, ieri, la fiction-shock di Canale 5 che esalta le gesta di una camorrista l’ha stravinta col 20% di share e punte anche di 7 milioni di ascoltatori, 1 milione in più rispetto a quanto registrato giovedì scorso.
I dati Auditel elaborati da Media Consultants srl parlano chiaro. Del resto, il successo era atteso (anche) perché nel corso della settimana, al di là delle copertine conquistate da Manuela Arcuri, la protagonista della fiction nei panni di Pupetta, dello sceneggiato ne hanno parlato tutti.
Male, al 99% delle volte. Ma questo poco, evidentemente, importa. Anche le stroncature a ripetizione hanno finito per dare spazio mediatico ad uno sceneggiato che, nel nome del Dio Denaro, strumentalizza una storia, quella di Pupetta Maresca, che meriterebbe di essere raccontata in modo ben diverso, essendo la signora una pluripregiudicata con precedenti per omicidio, associazione mafiosa, frode, truffa, ricettazione, bancarotta e usura.
Il passato della Maresca (e il presente, quantomeno perchè non ne ha mai preso le distanze pubblicamente, anzi: il contrario) non ha nulla, ma proprio nulla a che vedere con la sorta di eroina femminista che la tv dipinge.
Ma tant’è: se Aldo Grasso, il critico televisivo del Corriere della Sera, ha etichettato “Pupetta” come la “fiction più trash della storia”, e se il ‘Venerdì di Repubblica’ di questa mattina svela la confessione del produttore Alberto Tarallo “in realtà, cercavamo solo una storia per Manuela Arcuri”, il tema se e fino a quando è lecito speculare su un tema delicato come la camorra qualcuno se lo sta ponendo.
Sel, ad esempio: sta studiando con Gennaro Migliore, il suo rappresentante alla Vigilanza Rai, un modo per lanciare quella che non può essere certo una censura (‘Pupetta’ sfugge al controllo della commissione parlamentare essendo in onda su Mediaset), ma una sorta di patto tra gentiluomini o di codice di autoregolamentazione sul modello della pubblicità tra Rai, Mediaset e gli altri gruppi editoriali televisivi italiani sulle fiction che si mandano in onda.
Sceneggiati come ‘Pupetta’, per non parlare delle dichiarazioni a mezzo stampa rilasciate da Manuela Arcuri (“Conoscere Pupetta, che emozione!”, pag. 88 di ‘Vero’ del 13 giugno scorso), possono inficiare il lavoro, oscuro, del fronte più attivo dell’anticamorra. Quello degli operatori che lavorano in diretto contatto con i ragazzi dei quartieri più difficili, ad esempio. O quello, restando nel campo della comunicazione, di un giornale che racconta costantemente i processi ai clan, come Metropolis.
“Certo, Pupetta non è un bell’esempio. La sua storia non è una telenovela come fa credere Canale 5”, racconta Mariella Parmendola, capo redattrice del quotidiano che segue da vicino proprio le vicende della città in provincia di Napoli della vera Pupetta Maresca, Castellammare di Stabia. “Sappiamo per esperienza diretta che se si vuole intraprendere una battaglia seria alla camorra, essa deve essere prima di tutto culturale, facendo capire soprattutto ai ragazzi che delinquere è una scelta sbagliata perchè porta solo violenza e ingiustizia nelle vite proprie e in quelle dei loro familiari. La camorra non ha proprio nulla di romantico, men che mai di un romanticismo degno di essere raccontato in tv”.