di Federico Unnia
Grande scalpore ha destato oggi alla notizia della costituzione nella laboriosa città di Milano, patria della pubblicità da bere, di un nuovo Comitato che avrà il compito di affiancare i tecnici e dare un parere sulla pubblicazione o meno di messaggi ed affissioni, per loro natura ben pagati e ben visibili, che giochino su tematiche sessuali ed offendano di conseguenza la dignità delle donne.
Certamente apprezzabile l’intento, dopo che molti comuni si erano mossi in tal senso; viene da chiedersi però come mai la laboriosa Milano non abbia pensato o si sia informata su cosa già esistesse in tal senso.
Sarebbe davvero bastato poco per scoprire come, fin dalla fine degli anni 80, lo dicono gli usi in materia pubblicitaria certificati dalla camera di commercio, esista un sistema di autodisciplina della comunicazione commerciale che all’art. 9 (violenza, volgarità e indecenza) e 10 (rispetto della dignità della persona umana) del suo codice sancisce questi principi. Ma non solo: il suo Comitato di controllo e il suo Giurì, che siedo in via Larga, proprio dietro il comune, già operano con merito sul tema.
Se questa deve essere una vittoria per Milano, è poca cosa. Sembra più un’operazione di facciata e di ulteriore entrata a gamba tesa su di un organo che vive ed opera da oltre 47 anni in autonomia, senza un euro di finanziamento pubblico.
La vera Milano è questa. Non quella di assessori ed esperti che devono aprire un luogo di confronto su cosa sia volgare ed offensivo per le donne.